Chi siamo
Bernabò Home Gallery accoglie nella propria "town house" i collezionisti in uno spazio suggestivo e intimo,adottando un approccio differente dalla classica galleria d'arte.
L'antica dimora lombarda che la ospita è quasi sovrastata dall'imponente torre del castello Visconteo che domina sul paesaggio circostante.
Bernabò Home Gallery ha recentemente arricchito il proprio spazio espositivo, allestendo una mostra permanente nel cuore della città di Trezzo sull'Adda.
L’antica dimora lombarda che la ospita è quasi sovrastata dall’imponente torre del castello Visconteo che domina sul paesaggio circostante. In cima a quella torre, nel centro di Trezzo sull’Adda, sorge in cima un albero. Lo si può osservare dalle finestre della galleria ed è proprio per omaggiare la storia della città che Bernabò Home Gallery l’ha scelto come simbolo.
Quell’albero ripiantato più volte, anche dopo l’uragano del 1937 – forse seminato in cima alla torre da un capriccio del vento, è testimoniato direttamente già dal tardo 1800, ma a cercare con accuratezza deve esistere da molto prima dato che se ne fa menzione in un’antica leggenda incentrata sulla figura di Bernabò Visconti.
Signore nel 1300 delle terre di Bergamo, Brescia e Cremona, e co-signore di Milano, Bernabò era uomo che gli storici dell’epoca descrivevano come severo e crudele, addirittura sadico.
Si narra che nelle segrete della fortezza avesse un pozzo irto di lame che finiva direttamente nel fiume, dentro al quale buttava i propri prigionieri e talvolta anche le fanciulle che rapiva per i propri insaziabili appetiti, di cui poi si stancava. Ma secondo la leggenda è proprio una delle sue amanti – una contadina convinta di poterlo raggirare e batterlo in astuzia – che sta dietro alla nascita dell’albero. La donna si era lasciata portare di buon grado al castello, sicura di poter godere di ricchezza e piaceri insieme a Bernabò per poi tornare a casa dal marito e dai figlioletti ricca e soddisfatta. Ma il marito, arrivato al castello con l’inganno, fu gettato a insaputa della donna nel pozzo e il suo spirito rimase inquieto ad aggirarsi per la fortezza.
Quella notte stessa, svegliata dal vento di una tempesta, nel quale le pareva di sentire il lamento dei figli abbandonati, la donna si alzò e si aggirò disperata per il castello fino ad arrivare in cima alla torre. Un fulmine la colse in pieno, trasformando il suo corpo scomposto dall’angoscia nei rami e nelle fronde contorte di un fico, primo della lunga serie di alberi piantati secondo tradizione nella stessa posizione.
Come tante leggende si tratta di una storia cruda e terribile, ma è anche un pezzo della nostra città. Secondo la leggenda, la terribile bufera non distrusse che qualche comignolo nel paese, e quel fico apparso come per incanto sulla torre il mattino dopo parve un segno miracoloso ai contadini che lo videro. Quelle fronde divennero un simbolo di una tradizione, un riparo simbolico.
