Originaltanto

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“Tanto” all’anagrafe Antonio Pignatelli, nato il 05-09-1972 a Sesto San Giovanni, Milano. Tanto è la fusione tra la T di Tony e le prime lettere di Antonio, oltre ad essere il coltello giapponese, la katana corta, famosa nella cultura giapponese per l’arakiri. Frequenta il liceo artistico Prinetti di Milano e si laurea all’accademia di belle arti di Brera. Contemporaneamente partecipa alla nascita e diffusione della cultura dei graffiti in Italia. Dalla fine degli anni 80′ dipinge con gli spray sui muri della sua città’ e non solo, non disdegnando muri privi di autorizzazione ma anche numerose collaborazioni e commissioni. Per quanto abbia un indiscusso rispetto per la cultura delle lettere tipica dell’hip hop writing la sua grande passione è il disegno. Spesso collabora con writers aggiungendo parti figurative, puppet e sfondi. Questa inclinazione ha portato a quello che oggi è il suo personale linguaggio che ricorda tante cose ma senza assomigliare a nessuno. Il suo stile si potrebbe definire “neo pop post vandal“ o post graffiti. Negli anni 90′ ottiene molti riconoscimenti vincendo contest e concorsi legati al mondo della comunicazione, percorso che lo porta a sviluppare un’indiscussa professionalità nel mondo della scenografia. La lista dei brand del fashion per cui ha prestato le sue competenze è lunga, ultima, nel 2022, il brand Vans lo seleziona per realizzare un murale nel nascente shop di via orefici in duomo a Milano. Oggi espone le sue tele e continua a realizzare murales come forma di ricerca personale. Il suo stile richiama fortemente l’origine dei graffiti con espliciti richiami allo stile “softie bubble”: contorni neri spessi e forme morbide e gonfiate e riflessi bianchi ne sono tratti distintivi. Dai graffiti prende anche la velocità’ di esecuzione ed il gesto “grezzo” poco incline al ”perbenismo” decorativo. L’approccio piu’ che decorativo è vandalico, il colore è pastoso, le sgocciolature fanno parte del linguaggio e diventano i veri elementi decorativi. Il linguaggio è schietto, ironico e irriverente. I temi che affronta sono tutt’altro che banali, è interessato al senso comune del taboo, al confine tra buon gusto e cattivo gusto che muta nel tempo così come l’ideale di bellezza artificiale della nostra società. Ciò che a prima vista sembra superficiale ed effimero rivela in realtà un’analisi approfondita dei vizi e delle virtù del nostro tempo attraverso gli stilemi della sessualità.